Il 16 ottobre il Consiglio dei Ministri insieme alla Manovra 2024, ha approvato il decreto “Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, noto anche come DL Anticipazioni finanziarie. La misura ha prorogato i termini entro cui le imprese possono restituire spontaneamente la tax credit ricerca e sviluppo fruito indebitamente (il c.d. riversamento del credito d’imposta), allineando in tal modo i termini del riversamento con il nuovo sistema di certificazione preventiva degli investimenti in R&S avviato a settembre.
Prevista dal DL 146/2021, la procedura di riversamento spontaneo permette di regolarizzare senza pagare sanzioni e interessi, gli indebiti utilizzi in compensazione del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo.
Diverse imprese, infatti, una volta ottenuto il tax credit ricerca e sviluppo (R&S), si rendono conto che non ne avevano diritto per una serie di motivi. Possono beneficiare della regolarizzazione, le aziende che:
- hanno realmente svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca o sviluppo;
- hanno applicato il comma 1-bis dell’articolo 3 del decreto, in maniera non conforme a quanto dettato dalla diposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge 30 dicembre 2018, n. 145;
- hanno commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità;
- hanno commesso errori nella determinazione della media storica di riferimento.
Per loro, è stata messa in piedi una procedura che prevede la presentazione di un’istanza all’Agenzia delle Entrate entro il 30 novembre 2023. L’impresa dovrà quindi procedere con la regolarizzazione fattiva del beneficio indebitamente fruito, riversando l’importo entro il 16 dicembre 2023.
Per lo più si tratta di errori commessi in buona fede, dettati dalla difficoltà di inquadrare bene la natura dell’investimento in ricerca, sviluppo e innovazione che si attua. In ragione di ciò è stata introdotta una certificazione preventiva che attesti la coerenza degli investimenti con la disciplina del credito d’imposta, così da proteggere le imprese dal rischio di dover restituire in futuro il beneficio.
A disciplinare concretamente il sistema di certificazione preventiva è stato il DPCM firmato a settembre dalla premier Meloni, su proposta del ministro Urso, che ha previsto l’istituzione, presso il MIMIT, dell’Albo dei soggetti abilitati al rilascio delle certificazioni che sarà operativo dal prossimo anno.
Come spiega in un comunicato lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico, infatti, il DL Anticipazioni “consente di allineare temporalmente il sistema di certificazione del credito d’imposta, approvato il 15 settembre scorso e operativo dal prossimo anno, con i termini per il possibile riversamento che vengono prorogati al 30 giugno 2024. In questo modo l’Albo dei certificatori, appena istituto, potrà dare certezza su chi ne abbia davvero diritto”.
“Inoltre – aggiunge una nota di Palazzo Chigi – si proroga di un anno il termine di decadenza per l’emissione degli atti impositivi da parte dell’Agenzia delle entrate per i crediti interessati dalla regolarizzazione e utilizzati negli anni 2016 e 2017”.