Il Consiglio dei Ministri 15 giugno 2023 ha approvato un disegno di legge che reca modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e all’Ordinamento giudiziario.
Il provvedimento abroga la fattispecie dell’abuso d’ufficio e introduce un’ampia riformulazione del reato di traffico di influenze illecite, che rispetto alla norma precedente prevede:
- le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere sfruttate (non solo vantate) e devono essere esistenti (non solo asserite);
- le relazioni devono essere sfruttate “intenzionalmente”;
- l’utilità data o promessa al mediatore deve essere economica;
- il denaro o altra utilità deve essere dato/promesso per remunerare il soggetto pubblico o per far realizzare al mediatore una mediazione illecita (della quale viene data una definizione normativa);
- il trattamento sanzionatorio del minimo edittale sale da 1 anno a 1 anno e 6 mesi.
Il disegno di legge rende applicabili anche per il traffico d’influenze illecite le attenuanti per la particolare tenuità o per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
Inoltre la causa di non punibilità per la cosiddetta collaborazione processuale viene estesa al traffico d’influenze illecite.
In relazione al Codice di procedura penale, in particolare per ciò che concerne le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri:
- amplia il divieto di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, che viene consentita solo se il contenuto è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o è utilizzato nel corso del dibattimento;
- stabilisce il divieto di rilascio di copia delle intercettazioni delle quali è vietata la pubblicazione, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che tale richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato;
- afferma il divieto per la polizia giudiziaria di riportare nei verbali di intercettazione i “dati relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini”;
- vieta al giudice di acquisire (nel cosiddetto stralcio) le registrazioni e i verbali di intercettazione che riguardino soggetti diversi dalle parti, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza;
- stabilisce il divieto per il pubblico ministero d’indicare nella richiesta di misura cautelare, con riguardo alle conversazioni intercettate, i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione. In modo corrispondente, si vieta al giudice di indicare tali dati nell’ordinanza di misura cautelare.
Il nuovo DDL interviene anche sull’istituto dell’interrogatorio preventivo che viene escluso quando sussistono le esigenze cautelari del pericolo di fuga e dell’inquinamento probatorio. È, invece, necessario quando si ipotizza il pericolo di reiterazione del reato, a meno che non si proceda per reati di rilevante gravità (delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale).
Viene inoltre previsto l’obbligo del giudice “di valutare, nell’ordinanza applicativa della misura cautelare e a pena di nullità della stessa, quanto dichiarato dall’indagato in sede di interrogatorio preventivo.
Il provvedimento prevede il giudice collegiale per l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o di una misura di sicurezza provvisoria quando essa è detentiva.
Il disegno di legge introduce innovazioni relative all’informazione di garanzia, specificando testualmente che essa debba essere trasmessa a tutela del diritto di difesa dell’indagato. Si specifica inoltre che in essa debba essere contenuta una «descrizione sommaria del fatto», oggi non prevista (è richiesta solo l’indicazione della norma violata). Viene sancito espressamente il divieto di pubblicare l’informazione di garanzia fino al termine delle indagini preliminari.
Il provvedimento introduce infine l’interpretazione autentica di una disposizione relativa al limite di età per i giudici popolari della corte d’assise. Il limite massimo di 65 anni di età, già vigente, deve essere considerato con riferimento al momento nel quale il giudice popolare viene chiamato a prestare servizio nel collegio.