La Commissione europea ha ufficializzato la decisione di limitare l’import di autoveicoli elettrici di fattura cinese imponendo dazi alle case automobilistiche con aliquote differenti calcolate in base ai sussidi ricevuti da Pechino e al grado di collaborazione prestato durante l’indagine anti-dumping avviata lo scorso ottobre. L’esito di tale indagine sulla concorrenza ha portato Bruxelles a stabilire che la catena del valore delle auto elettriche cinesi rappresenta una minaccia per i produttori europei in virtù di sussidi pubblici ingiusti che permettono un prezzo di vendita inferiori rispetto ai costi di produzione.
I dazi introdotti vanno da un minimo del 17,4% a un massimo del 38,1%, aliquote che si aggiungono alla tariffa ordinaria del 10% già applicata sull’import di auto elettriche di qualsiasi provenienza.
La Commissione ha contattato Pechino per discuterne i risultati e valutare le possibili modalità per risolvere la questione nel rispetto dei regolamenti dell’Organizzazione mondiale del Commercio. Qualora le discussioni con le autorità cinesi non portassero ad una soluzione efficace, i dazi compensativi provvisori verrebbero introdotti a partire dal 4 luglio mediante una garanzia e riscossi solo se e quando saranno definitivi. Le nuove tariffe, per entrare effettivamente in vigore, dovranno essere ratificate dagli Stati membri entro il 2 novembre prossimo, ossia entro quattro mesi dalla loro istituzione in via provvisoria. Con l’eventuale via libera, saranno in vigore per cinque anni.
Nel mirino finiscono soprattutto i grandi produttori di auto a batteria, vale a dire Byd, Geely e Saic. Per i loro prodotti pronti dazi rispettivamente del 17,4 per cento, 20 per cento e 38,1 per cento. Per altri produttori di autovetture elettriche in Cina che hanno collaborato all’inchiesta pronto a scattare un dazio medio ponderato del 21 per cento. Mentre per tutte le altre imprese attive in Cina che non hanno collaborato con i servizi della Commissione pronto un sovra-costo del 38,1 per cento.
La Commissione menziona anche la Tesla, che ” seguito di una richiesta motivata potrà pagare un’aliquota calcolata individualmente nella fase definitiva dell’inchiesta.
Le reazioni non hanno tardato ad arrivare da Pechino che ribadito le sue critiche, parlando di una misura dannosa per gli interessi della stessa Europa e contraria ai principi dell’economia di mercato e alle regole del commercio internazionale. La Cina esorta quindi l’Ue a correggere immediatamente le sue pratiche sbagliate, riservandosi di adottare in modo risoluto tutte le misure necessarie a tutela delle aziende cinesi.
Pronta la risposta del vicepresidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis che ha ribadito come “il nostro obiettivo non sia chiudere il mercato europeo ai veicoli elettrici cinesi, ma garantire che la concorrenza sia leale”.
L’associazione europea dei costruttori Acea, nel prendere atto dell’introduzione dei dazi, ha ricordato “di aver sempre affermato che il commercio libero ed equo è essenziale per creare un’industria automobilistica europea competitiva a livello globale, mentre una sana concorrenza guida l’innovazione e la scelta per i consumatori. Garantire condizioni di parità per tutti i concorrenti è solo una parte importante del puzzle della competitività globale. Ciò di cui il settore automobilistico europeo ha bisogno è una solida strategia industriale per l’elettromobilità: ciò significa garantire l’accesso a materiali critici e energia a prezzi accessibili, un quadro normativo coerente, sufficienti infrastrutture di ricarica e rifornimento dell’idrogeno, incentivi di mercato e molto altro ancora”.