Dal 1° gennaio è operativa quasi integralmente la riforma inserita nel decreto anticipi valida fino al 31 dicembre 2024 voluta dal sottosegretario del ministero delle Imprese e del made in Italy, Massimo Bitonci, con l’obiettivo principale di garantire un quadro di sostenibilità finanziaria, considerato indispensabile dal ministero dell’Economia.

Il fabbisogno di quest’operazione, per il 2024, è stimato in 2,9 miliardi, e una prima previsione indica in oltre 200mila le garanzie che dovrebbero essere attivate. La riforma conferma invece il limite di 5 milioni introdotto con la flessibilità Ue, applicabile anche alle richieste di ammissione alla garanzia presentate prima del 1° gennaio 2024.

Per le imprese in fascia 1 e 2 (le meno rischiose) la garanzia legata a operazioni di liquidità scende dal 60 al 55%, per quelle in fascia 3 e 4 dall’80 al 60%. Per tutte però, se si tratta di finanziamenti bancari finalizzati a investimenti, e per le startup, la copertura sarà dell’80%. Fissato invece il 50% per operazioni che riguardano investimenti nel capitale di rischio delle imprese beneficiarie. Stop alla più generosa delle aliquote, 90%, che con il Temporary framework era concessa per investimenti finalizzati alla transizione energetica. La rimodulazione delle coperture si applica alle richieste di ammissione deliberate dal 1° gennaio e a quelle precedenti ma non ancora deliberate.

Si applica l’80% anche per le operazioni di importo ridotto, cioè fino a 40mila euro e per quelle che riguardano il microcredito e, fino a 80mila euro, per le operazioni dei Confidi in controgaranzia.

Uno dei punti più controversi fin dall’inizio è stata la riapertura del Fondo alle small mid cap, nei limiti del 15% della dotazione e con coperture più basse ovvero 30% per la liquidità e 40% per investimenti e startup. Questa novità comporta un onere di circa 290 milioni (un decimo del fabbisogno totale della riforma) ridotto a 203 milioni con le entrate che le stesse small mid cap dovranno versare pagando una commissione pari all’1,25% dell’importo garantito.

Va attesa tuttavia l’autorizzazione formale della Commissione europea e nel frattempo il governo dovrà emanare una norma correttiva che tenga conto in modo completo dei requisiti di small mid cap, sia cioè in riferimento al numero di dipendenti (meno di 499) sia in relazione alla bassa/media capitalizzazione.

Per la prima volta accederanno anche gli enti del Terzo settore che sono ammessi senza valutazione, con copertura all’80% e importo massimo di 60mila euro ma solo entro un plafond pari al 5% dotazione complessiva del Fondo. Via libera da subito per quelli iscritti al registro nazionale (Runts) e al Repertorio economico amministrativo (Rea), mentre quelli non iscritti e gli enti religiosi civilmente riconosciuti dovranno prima aspettare l’istituzione di un’apposita sezione speciale del Fondo.

In quanto alle commissioni, saranno cancellate per tutte le richieste di ammissione presentare da microimprese e deliberate a partire dal 1° gennaio.

La centralità del Fondo nel supportare l’accesso al credito bancario da parte delle imprese è emersa con evidenza ancora maggiore nell’era post-Covid. Nel triennio 2020-2022, il regime straordinario e transitorio ha fatto registrare massimi operativi assoluti nella storia del Fondo, superando i volumi cumulati garantiti in tutti i precedenti anni di operatività dello strumento: 2.865.985 domande accolte, garanzie concesse pari a oltre 215,6 miliardi e finanziamenti garantiti pari a circa 271,7 miliardi. Per il 2023 il consuntivo provvisorio, gennaio-settembre, segnala 170mila domande accolte; garanzie per 24,2 miliardi e finanziamenti oltre 32,1 miliardi.

Riforma Fondo Pmi, attese oltre 200mila garanzie
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