Dall’analisi trimestrale Movimprese relativa al periodo aprile-giugno 2023, condotta da Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle imprese delle Camere di Commercio, si evince che il sistema delle imprese italiane continua a mostrare resilienza. I dati del secondo trimestre 2023 evidenziano un saldo positivo tra aperture e chiusure, con un aumento complessivo di 28.286 nuove aziende nel periodo aprile-giugno. Il risultato, sebbene rappresenti un segnale incoraggiante, è uno tra i meno brillanti nell’arco degli ultimi dieci anni. Uno dei principali elementi che influenza il quadro demografico delle imprese nel secondo trimestre dell’anno è il basso numero di iscrizioni (79.277), il secondo peggior risultato del decennio, superato solo da quello “pandemico” del 2020. Allo stesso tempo, le cessazioni sfiorano le 51mila unità (50.991), valore che pur restando al di sotto della media del periodo pre-Covid rappresenta il terzo aumento consecutivo nell’arco dell’ultimo triennio.
Mentre il numero di imprese registrate nel settore Ict è in aumento dello 0,12% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un totale di 11.253 aziende. Più precisamente si contano 1.436 pmi innovative Ict, ovvero l’11,4% in più rispetto ad aprile 2022 e 9.817 start up Ict, in calo del -1,34% rispetto ad aprile 2022. Il rallentamento della crescita delle start up è stato influenzato da diversi fattori, tra cui l’instabilità geopolitica, l’aumento dei costi energetici, dei tassi d’interesse e dell’inflazione, che hanno scoraggiato l’iniziativa imprenditoriale. Inoltre, la crescente prudenza nel settore privato nel concedere credito, unita alla sospensione delle registrazioni telematiche, ha avuto un impatto negativo sul numero di nuove imprese costituite. Le nuove registrazioni di start up innovative nel 2022 sono diminuite del -32%, passando da 2.321 a 1.537, mentre le pmi innovative hanno registrato una riduzione del -16,3%, passando da 258 a 216.
Nonostante il Sud registri il saldo maggiore in termini assoluti (9.006 imprese in più), è proprio il Mezzogiorno che subisce la flessione più marcata in termini di tasso di crescita, passando dal +0,55% di 12 mesi fa al +0,44% del trimestre da poco concluso. Il Nord-Ovest e il Centro sono le due aree geografiche che condividono il primato per l’incremento relativo più elevato (+0,5%). In tutte le regioni, il trimestre si è chiuso comunque con il segno positivo: dalla Lombardia (5.663 imprese in più all’appello), al Molise (+87). Tutte le circoscrizioni hanno comunque fatto registrare un tasso di crescita inferiore a quello misurato nel corrispondente trimestre dello scorso anno. Se si eccettua l’industria estrattiva (settore numericamente limitato a sole 3.664 imprese), tutti i settori hanno messo a segno saldi positivi nel trimestre. Meglio degli altri, in termini assoluti, ha fatto il settore delle costruzioni, uno tra i più rilevanti per numero di realtà esistenti, con 6.025 imprese in più. A ruota, altri due comparti sugli scudi da qualche tempo, quello degli alberghi e ristoranti (+4.436 unità) e quello delle attività professionali, scientifiche e tecniche (3.753 imprese in più rispetto alla fine di marzo). Bene anche il commercio (+2.670) e i “servizi alle imprese” (come noleggio e agenzie di viaggio) con +2.507. In termini relativi, le performance migliori vengono dai settori legati ai servizi: +1,5% le attività professionali scientifiche e tecniche, +1,2% le attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese e +1% per le attività sportive, di intrattenimento e divertimento. Mentre le start up e pmi innovative Ict sono concentrate principalmente in Lombardia, Lazio e Campania, rappresentando insieme oltre il 50% delle imprese registrate. La Lombardia rappresenta il 28,7%, seguita da Lazio (13,8%) e Campania (8,8%). Le start up e pmi innovative nel settore Ict sono principalmente microimprese, con oltre due terzi che impiega fino a quattro addetti. Circa l’80% di queste aziende ha un capitale proprio inferiore a 50mila euro e un terzo ha un valore della produzione inferiore a 100mila euro. Ciò è dovuto al ricambio costante della popolazione, poiché le imprese consolidate perdono lo status di start up innovativa col passare del tempo. Preoccupa il fatto che solo il 16% delle start up e pmi innovative nel settore Ict è fondata da under-35, mentre le imprese guidate da donne rappresentano solo l’11,9%. Inoltre, le aziende con manager stranieri come maggioritari o esclusivi sono solo il 3,5%.
Per quanto riguarda il Pil, l’analisi evidenzia una fase stagnante che riflette la flessione dell’industria e delle costruzioni e di una crescita, moderata, dei servizi. A frenare sono i tassi alti: l’inflazione scende, a giugno +6,4% annuo, grazie al prezzo del gas poco sopra i minimi (32euro/mwh), i prezzi degli alimentari sono alti, +10,7, ma in frenata.
In questo quadro la Bce decide un altro rialzo a luglio, portando il tasso al 4,25, giudicando l’inflazione ancora alta con la conseguenza che le imprese stanno subendo un continuo aumento del costo del credito, +4,81 a maggio. Le indagini Istat e Banca d’Italia indicano una quota significativa di imprese che non ottiene credito (6,0%), soprattutto perché rinuncia per le condizioni onerose (56,3%). Una situazione che pesa sugli investimenti: la produzione di beni strumentali è in calo nei primi cinque mesi del 2023, -2,6%.
Dal 2011 la tendenza dei prestiti bancari alle aziende è in costante calo; una leggera inversione si è verificata tra i primi mesi del 2020 e settembre 2022, grazie alle garanzie pubbliche misure messe in campo dal governo Conte 1 e Conte 2 che hanno consentito agli imprenditori di accedere al credito con maggiore facilità. Nell’ultimo anno, invece, la tendenza ha cambiato segno. L’aumento dei tassi di interesse ha contribuito in misura determinante a ridurre il flusso dei prestiti alle attività economiche e a pagarne maggiormente le conseguenze sono state le piccole imprese. Quelle con meno di 20 dipendenti, infatti, hanno subito la riduzione degli impieghi vivi del 7,7% (- 9,5 miliardi); quelle con almeno 20, invece, il taglio è stato della metà: -3,8% (-22,5 miliardi di euro).