La Direttiva europea sulle case green approvata dal Parlamento di Strasburgo prevede l’obbligo per gli edifici residenziali di rientrare in classe energetica E nel 2030 e in classe D entro il 2033, con obiettivi ancor più stringenti per gli edifici pubblici e non residenziali.
Per la definitiva approvazione manca tuttavia il passaggio del cosiddetto trilogo, ovvero i negoziati che coinvolgono, oltre all’organo legislativo, quello esecutivo (la Commissione Ue) e il Consiglio UE che riunisce i capi di Stato e di Governo degli Stati membri.
Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, sostiene che l’Italia continuerà a esprimere la sua posizione critica in quanto “gli obiettivi temporali, specie per gli edifici residenziali esistenti, sono ad oggi non raggiungibili per il nostro Paese”.
Il testo approvato prevede le seguenti tempistiche per l’adeguamento dell’edilizia ai valori di sostenibilità:
- edifici residenziali privati: classe energetica E entro il 2030 e la classe D al 2033, entro il 2050 a zero emissioni (completamente alimentati a energia pulita);
- edifici non residenziali e pubblici: classe E al 2027 e classe D al 2030;
- nuovi edifici: a emissioni zero dal 2028;
- nuovi edifici pubblici: a emissioni zero dal 2026.
Sono esclusi da questi obblighi energetici i monumenti e, su decisione dei singoli Stati, gli edifici protetti per il valore architettonico o storico, le chiese e i luoghi di culto, l’edilizia sociale pubblica, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, gli immobili autonomi con una superficie inferiore ai 50 metri quadri. Sarà anche possibile per i diversi paesi chiedere altre deroghe, fino a un massimo del 22% del totale degli immobili.
Il 15% degli edifici più energivori è automaticamente considerato in classe G (la più bassa) in tutti i paesi Ue. In Italia, si tratta di circa 1,8 milioni di edifici residenziali. Ci sono poi regole guida per gli incentivi: stop entro il 2024 a qualsiasi agevolazione per l’installazione di caldaie individuali a combustibili fossili.
Gli obiettivi della norma, che tende alla transizione energetica, sono condivisi dall’Italia, che invece mette in discussione le tempistiche previste e una serie di regole specifiche.
Come spiega il ministro “non mettiamo in discussione gli obiettivi ambientali di decarbonizzazione e di riqualificazione del patrimonio edilizio, che restano fondamentali. Manca però in questo testo una seria presa in considerazione del contesto italiano, diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come bene rifugio delle famiglie italiane”.
In quest’ottica, conclude Fratin, pur condividendo la possibilità di individuare una quota di patrimonio esentabile, “resta il fatto che gli obiettivi temporali, specie per gli edifici residenziali esistenti, sono ad oggi non raggiungibili per il nostro Paese”.