Prevista per il 15 dicembre una riunione dell’Osservatorio sul lavoro agile per discutere del prolungamento della norma sullo smart working.
A causa dell’aumento dei contagi da Covid il Governo sta valutando di inserire nel decreto milleproroghe anche la misura che continua a consentire il lavoro da casa ai lavoratori fragili e ai genitori di minori con meno di 14 anni, purché venga fruito solo da uno dei genitori e sia una mansione compatibile con il lavoro da remoto.
Nessun cambiamento delle regole, quindi, ma solo il prolungamento delle norme attuali in vigore fino al 31 dicembre 2022. A fine anno, infatti, scade per le suddette categorie di lavoratori il diritto al ricorso al lavoro agile.
Nella categoria dei lavoratori fragili sono attualmente inseriti i pazienti sottoposti a chemioterapia, gli immunodepressi, i portatori di disabilità, gli ammalati di patologie degenerative individuate dal ministero della Salute.
Rimane però da sciogliere il nodo degli accordi tra aziende private e i loro dipendenti. Secondo quanto recita il sito ufficiale del Governo, infatti “L’art. 25 bis del Decreto Aiuti bis (D.L. n. 115/2022, convertito con modificazioni in Legge 21 settembre 2022, n. 142) ha prorogato fino al 31 dicembre 2022 la procedura emergenziale semplificata di comunicazione telematica dello smart working per i lavoratori del settore privato, senza quindi la necessità di sottoscrizione dell’accordo individuale”.
Molte imprese, del resto, hanno raggiunto accordi aziendali con i sindacati per disciplinare il ricorso allo smart working, prevedendo generalmente 2 o 3 giorni di lavoro da remoto, alternati con giornate in presenza.
Secondo i dati resi noti dall’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano, in Italia al momento lavorano quasi 3,6 milioni di persone da casa. La cifra nel 2023 dovrebbero aumentare fino a raggiungere quota 3,63 milioni proprio grazie agli input dati al lavoro agile nelle Pa.
La pandemia ha provocato una brusca accelerazione del ricorso al lavoro agile, considerando che prima dell’emergenza Covid lo smart working riguardava poco più di 500mila lavoratori e durante il lock down si è raggiunto quota 6,5 milioni.
Un report dell’Istituto per l’analisi delle politiche pubbliche con oltre 15mila interviste ad occupati e a 5mila unità locali/imprese del privato extra agricolo ha fotografato opportunità e nodi critici, sfatando alcuni luoghi comuni: per il 66% dei datori di lavoro intervistati il lavoro agile incrementa la produttività e consente il risparmio dei costi di gestione degli spazi fisici, in particolare per le piccole imprese. Per il 72% dei datori di lavoro lo smart working aumenta il benessere organizzativo e migliora l’equilibrio vita-lavoro dei dipendenti. Le criticità per i datori sono di tipo organizzativo: non si facilitano i rapporti tra colleghi e responsabili, e servono nuovi modelli di leadership. Per i lavoratori, gli svantaggi sono soprattutto l’aumento dell’isolamento e dei costi fissi.