Nel corso dell’incontro con le autorità e il tessuto imprenditoriale fiorentino, tenutosi nel capoluogo toscano il 23 febbraio, Mario Draghi ha ufficializzato la decisione del governo di non prorogare lo stato di emergenza dopo il 31 marzo.
“La situazione epidemiologica è in forte miglioramento, grazie al successo della campagna vaccinale – ha sottolineato il premier – e ci offre margini per rimuovere le restrizioni residue alla vita di cittadini e imprese”. Dal primo aprile, dunque, “non sarà più in vigore il sistema delle zone colorate. Le scuole resteranno sempre aperte per tutti: saranno infatti eliminate le quarantene da contatto”. Inoltre, ha aggiunto il Presidente, “cesserà ovunque l’obbligo delle mascherine all’aperto e quello delle mascherine Ffp2 in classe. Metteremo gradualmente fine all’obbligo di utilizzo del certificato verde rafforzato, a partire dalle attività all’aperto, tra cui fiere, sport, feste e spettacoli. Continueremo a monitorare con attenzione la situazione pandemica, pronti a intervenire in caso di recrudescenze. Ma il nostro obiettivo è riaprire del tutto, al più presto”.
Con la fine dello stato di emergenza, prorogato sei volte dalla sua istituzione (il 31 gennaio 2020), cessano i poteri straordinari che hanno consentito in questi due anni al governo di derogare alle norme di legge, utilizzando delle vie preferenziali senza iter parlamentare, come ordinanze e Dpcm (Decreto del presidente del consiglio dei ministri). Scompaiono anche le prerogative aggiuntive concesse ai presidenti di Regione e anche il Comitato tecnico scientifico, che fin qui ha avuto il compito guidare il governo nelle scelte di carattere sanitario, dovrebbe essere sciolto.
Resta vaga, tuttavia, la tempistica che porterà alla graduale dismissione del Green pass. Sicuramente, come annunciato dal sottosegretario di Stato al Ministero della Salute Andrea Costa, l’obbligo di certificato rafforzato (dunque l’obbligo vaccinale per chi non è guarito di recente) per i lavoratori over 50 non sarà intaccato fino al 15 giugno. La strada più probabile è che il green pass per il momento resti invariato, per essere poi abolito entro l’estate, prima dell’inizio della stagione più calda insieme alla maggior parte di obblighi e restrizioni. Incerto anche il futuro dello smart working che, con il ritorno alla normativa ordinaria, dovrà essere disciplinato da accordi individuali tra azienda e lavoratori.
Dal primo marzo, intanto, per entrare in Italia, basteranno le stesse condizioni del pass “semplice”, cioè certificato di vaccinazione, di guarigione, o test negativo. Sempre dal primo marzo cambierà anche la capienza di stadi e palazzetti, passando rispettivamente al 75 e al 60 per cento. Tappa successiva il 10, giorno in cui si potrà tornare a visitare i familiari in ospedale e tornerà nuovamente possibile consumare cibo al cinema e negli impianti sportivi. Dal primo aprile dovrebbe essere possibile tornare a mangiare all’aperto in bar e ristoranti senza dovere esibire il certificato, ma non al chiuso.
Proprio in merito al green pass, il ministro Roberto ha dichiarato che “il Covid non scompare premendo il tasto off come se stessimo spegnendo la luce. Nei prossimi giorni continueremo a monitorare il quadro epidemiologico, ma i dati su contagi e ricoveri sono tutti in via di miglioramento. È chiaro che ci troviamo in una fase nuova, ma serve gradualità, non possiamo far saltare in un solo momento tutte le precauzioni che ci hanno consentito di lasciare aperto mentre altri in Europa entravano in lockdown”.
La road map del ritorno alla normalità, sarà gestito da Fabrizio Curcio e dallo stesso Figliuolo che cederà le competenze della struttura commissariale agli altri soggetti. La gestione dell’acquisto dei vaccini resterà in capo al ministero della Salute. Per quella dei farmaci anti Covid potrebbero invece entrare in gioco le Regioni, alle quali dovrebbero tornare peraltro tutte le competenze su ciò che riguarda la campagna vaccinale e gli eventuali richiami, con un graduale passaggio della gestione dai grandi hub ai medici di famiglia, ai pediatri e agli ospedali. La gestione di altre attività, dalla logistica alla distribuzione di farmaci e vaccini, potrebbero passare a Palazzo Chigi o alla Protezione civile.