L’UE ha stabilito per il 2022 una drastica riduzione delle giornate di pesca ad appena 109 giorni all’anno, mettendo così a rischio l’occupazione e la produzione di un settore che conta 12mila pescherecci e 28mila posti di lavoro.
L’obiettivo europeo è quello di arrivare a una riduzione del 40% dello sforzo di pesca nel Mediterraneo entro il 2026, ma la scelta di tagliare l’operatività in areali strategici come l’Adriatico, il Tirreno ed il Canale di Sicilia, ad un numero di giornate al disotto del punto di pareggio economico, è in contrasto con i tre pilastri su cui si regge il principio di sostenibilità prevista dalle vigenti normative europee ovvero la sostenibilità ambientale, la sostenibilità economica e la sostenibilità sociale, tre aspetti che devono tenersi in equilibrio.
La salvaguardia delle risorse ittiche e l’applicazione del principio dello sviluppo sostenibile non possono essere attuate soltanto attraverso una progressiva e costante riduzione delle giornate di pesca. Risulta opportuno rivedere il meccanismo alla base delle politiche europee di gestione della pesca orientato prevalentemente a comprimere l’attività degli operatori, in carenza di evidenze scientifiche aggiornate che dimostrino come la riduzione dello sforzo di pesca consenta di tutelare maggiormente la fauna marina.
Inoltre, l’obbligo di astensione, non coinvolge i paesi extraeuropei che insistono sullo stesso areale, creando in tal modo le condizioni per cui il pescato italiano debba necessariamente fare posto a quello straniero.
Sembra evidente dunque, che le misure gestionali definite dai provvedimenti a carattere europeo e nazionale debbano prevedere dei meccanismi di valutazione dei loro effetti sulla matrice ambientale nonché sulla sostenibilità economica e sociale, basati su dati di tipo tecnico e scientifico e coinvolgano tutti gli attori in campo su un dato areale.
La richiesta all’UE da tutte le associazioni di categoria, cui AsNALI si unisce, è di rivedere le politiche restrittive a favore di politiche di sostegno alla pesca, settore strategico per l’economia nazionale e, più nel dettaglio, per le realtà costiere.
Allo stesso modo le opere infrastrutturali come trivelle, pale eoliche, porti off-shore, andrebbero progettate con il coinvolgimento diretto del mondo della pesca professionale, visto le ripercussioni negative che queste opere possono portare all’intero settore ittico.
Sarebbero infine da riconsiderare le classi di lunghezza delle navi da pesca al fine di applicare le misure opportune di mitigazione in maniera puntuale e diversificata per le diverse metodologie di pesca.