Entro fine giugno sarà pronta la bozza della riforma degli ammortizzatori sociali che stabilirà alcuni importanti cambiamenti nelle politiche sociali occupazionali in Italia. Dopo averla annunciata entro aprile e poi a luglio, il ministro del lavoro Andrea Orlando ha promesso per la fine dell’estate l’inizio della stesura del testo definitivo, la cui entrata in vigore dovrebbe avvenire nel 2022.
Il ridisegno degli ammortizzatori sociali risponde alla logica del Welfare italiano, selezionando le prestazioni in base alle categorie, alle tipologie dei contratti e dei settori produttivi. Una commissione nominata dall’ex ministra del lavoro Nunzia Catalfo, è al lavoro per eliminare le disparità nell’accesso alle prestazioni di sostegno al reddito rendendo la protezione tempestiva ed efficace a prescindere dal settore, dalle dimensioni d’impresa e dal contratto di lavoro. L’idea è quella di approdare ad una maggiore tutela del lavoro autonomo e precario, sia nel caso dell’intermittenza lavorativa che in quello della perdita delle commesse o dei posti di lavoro.
La riforma dovrebbe inoltre riconoscere al lavoro autonomo alcune tutele di natura universalistica i cui contenuti sono ancora oggetto di definizione insieme al lavoro stagionale in agricoltura e a quello intermittente dello spettacolo per il quale si procede su un binario separato
Importante novità prodotta dalla riforma, nelle intenzioni del Ministro Orlando, è quella di legare il riconoscimento dei nuovi ammortizzatori sociali alle politiche attive del lavoro e alla formazione che vorrebbe estese sia alle partite Iva che ai cassintegrati.
“Il progetto sembra ampio e ambizioso – il commento del presidente di AsNALI Nazionale, Alessandro Del Fiesco – si tratta in sostanza di trasformare il welfare in workfare, con l’obbligo di accettare i percorsi stabiliti dallo Stato, insieme alle imprese, per accedere ai sussidi”.
Anche se in parte già previste dalla legge che ha istituito nel 2019 il reddito di cittadinanza, “politiche attive del lavoro, come soluzione alla precarietà e alla disoccupazione prodotta dalla crisi pandemica” – continua Del Fiesco – “potrebbe essere un’idea vincente a patto si proceda parallelamente anche alla realizzazione delle condizioni affinchè il lavoro che ci si prefigge di trovare ai cittadini esista e non sia iper-precario”.