L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo e perdura da ormai quasi un anno ha inciso negativamente su tutti gli aspetti della vita sociale ed economica. Ad esclusione del settore alimentare (eccezion fatta per il settore della ristorazione fortemente penalizzato dalle limitazioni imposte dal governo) nel 2020 tutte le attività legate alla vendita e ai servizi erogati in presenza hanno subito fortissime contrazioni del volume d’affari.
Ma se da una parte il settore dell’intrattenimento e della cultura ancora non danno ancora cenno di ripresa, per quanto riguarda il commercio qualche timido segnale si inizia ad intravedere.
I trand della pandemia
Fermo restando il boom dell’ e-commerce, che nel 2020 registra un + 33,8% rispetto l’anno precedente (col gigante Amazon che sfiora i 40 punti percentuali di aumento nel terzo trimestre), il commercio al dettaglio, che aveva chiuso con una flessione su base annuale del 5,4%, ha avuto un colpo di coda a dicembre, facendo segnare un incoraggiante aumento del 2,5% sia in valore che in volume rispetto a novembre.
A renderlo noto è l’Istat secondo le cui stime nello stesso periodo è ancora il settore alimentare a registrare il record con una crescita tendenziale che supera il 6%, mentre le vendite al dettaglio sempre su base tendenziale diminuiscono del 3,1%.
In dettaglio, le flessioni più marcate riguardano abbigliamento e pellicceria (-23,4%) e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-14,6%), mentre aumenti considerevoli si registrano nelle dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (+15,3%), utensileria per la casa e ferramenta (+2,3%) e mobili, articoli tessili e arredamento (+0,5%).
Nel complesso infine, rispetto a dicembre 2019, il valore delle vendite al dettaglio diminuisce sia per la grande distribuzione (-2,5%), sia per le imprese operanti su piccole superfici (-6,6%).
Grafici fonte ISTAT
