Con il Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020 (cosi detto “Cura Italia”) si è stabilito che i lavoratori che contraggano il covid “in occasione del lavoro” siano soggetti a copertura Inal, paragonando pertanto l’infezione da coronavirus ad altre malattie infettivo parassitarie che possono essere contratte sul posto di lavoro.
D’altro canto, lo stesso Codice Civile nell’art. 2087 pone il datore di lavoro come garante e quindi responsabile della sicurezza sul posto di lavoro e il D.Lgs. n. 81/2008 (T.U. Salute e Sicurezza sul lavoro) a sua volta racchiude tutte le norme in materia di salute e di sicurezza nel luogo di lavoro stabilendo gli interventi da osservare per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori.
Il Protocollo aggiornato il 24 aprile 2020 ed assorbito nelle “linee guida INAIL alla sicurezza ai tempi del Covid-19”, obbliga i datori di lavoro ad adottare le seguenti misure di sicurezza:
- informare tutti i lavoratori e chiunque entri in azienda circa le disposizioni delle Autorità;
- regolamentare le “modalità di ingresso in azienda” dei lavoratori, dei “fornitori esterni”, dei “trasportatori” e dei “visitatori” (ad esempio, imprese di pulizie e di manutenzione);
- effettuare “pulizia giornaliera e sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago”;
- imporre che “le persone presenti in azienda adottino tutte le precauzioni igieniche, in particolare per le mani” e usino “dispositivi di protezione individuale”;
- disciplinare l’accesso “agli spazi comuni” dell’azienda e la permanenza in essi; “gli spostamenti interni, le riunioni e gli eventi interni”, così come “l’entrata e l’uscita dei dipendenti”;
- far proseguire “la sorveglianza sanitaria (…) perché rappresenta una ulteriore misura di prevenzione di carattere generale, sia perché può intercettare possibili casi e sintomi sospetti del contagio, sia per l’informazione e la formazione che il medico competente può fornire ai lavoratori per evitare la diffusione del contagio”.
Cosa rischia chi non osserva le regole?
Il mancato rispetto delle misure di sicurezza emanate per ridurre il rischio di contagio da coronavirus negli ambienti di lavoro è disciplinato dal Decreto Legge n. 19/2020, e può portare a:
- sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 (salvo che il fatto non costituisca reato);
- sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni nel caso di mancata adozione delle misure per garantire il rispetto della distanza interpersonale e mancata messa a disposizione di dispositivi di protezione individuali nei casi di impossibilità di garantire il distanziamento.
Inoltre, la mancata osservanza di una delle norme sopra citate è sufficiente a determinare in capo al datore di lavoro una responsabilità penale nel caso di un dipendente che affermi di aver contratto la sul luogo di lavoro. L’articolo 40 c.p. individua infatti come colpevole di omissione il datore di lavoro che non osserva le norme antinfortunistiche.
In particolare, il datore di lavoro risponde del reato di lesioni di cui all’art. 590 c.p. (salvo ipotesi di malattia lieve, guaribile in meno di 40 giorni), oppure di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c.p. qualora al contagio sia seguita la morte, con in più l’aggravante della violazione delle norme antinfortunistiche.
La circolare n. 13/2020 dell’Inail chiarisce in linea generale quale siano le attività lavorative per cui vale la “presunzione semplice di origine professionale” individuando in primis gli operatori sanitari e poi tutte le attività che comportano il contatto col pubblico o l’utenza, fermo restando che l’onere della prova rimane in ogni caso a carico dell’assicurato.
Considerando tuttavia che il periodo che può intercorrere tra contagio e manifestarsi della malattia può arrivare anche a 14 giorni e che le cause di stesse di contagio possono essere molteplici ed avvenire in diversi luoghi, risulta estremamente difficile sostenere per il lavoratore che il luogo del contagio possa essere individuato con certezza all’interno della sede di lavoro.
Ricordando infine che:
- la trasgressione dell’obbligo di “fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale”, è punita, ai sensi del decreto legislativo 81/2008, con la pena alternativa dell’arresto da due a quattro mesi o dell’ammenda da 1.664,00 a 6.576,00 euro;
- che “la mancata attuazione dei protocolli che non assicuri adeguati livelli di protezione”, portano all’arresto da tre a sei mesi o la multa da 2.740,00 a 7.014,00 euro;
al datore di lavoro tuttavia potrebbe essere sufficiente quindi dimostrare di aver adottato tutti i presidi indicati dalla legge per non correre rischi.